E' morto a Parigi il filosofo e antropologo Tzvetan Todorov. Allievo di Barthes, è stato uno dei massimi teorizzatori della "scoperta dell'Altro"

di redazione 07/02/2017 CULTURA E SOCIETÀ
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E' morto a 78 anni a Parigi il filosofo e antropologo bulgaro naturalizzato francese Tzvetan Todorov, allievo di Roland Barthes. L'annuncio è stato dato dal suo agente francese e dalla famiglia. La figlia ha rivelato che il padre "aveva appena finito di scrivere il suo ultimo libro 'Il trionfo dell'artista' che uscirà a marzo". Todorov era nato a Sofia il 1 marzo 1939. Nel 1963 si trasferisce a Parigi lasciando la Bulgaria sotto il regime comunista che negava qualunque libertà intellettuale. La Francia diventa la sua seconda patria: dieci anni dopo acquisisce la nazionalità francese. Si distingue da subito nel Paese d'adozione come uno dei più brillanti allievi di Roland Barthes, il grande critico, e come studioso di filosofia del linguaggio che lui considera parte della semiotica.
Nel 1970 scrive quella che da molti è considerata la sua opera principale "La letteratura fantastica" e collabora con il critico Gérard Genette con il quale fonda la rivista di teoria e analisi letteraria Poétique. A partire dagli anni '80 si dedica alla storia delle idee. In seguito lavora anche sul pensiero umanista e sul totalitarismo. Tra i suoi libri più famosi ci sono "La conquista dell'America. Il problema dell'altro", "Noi e gli altri. La riflessione francese sulla diversità umana", "Di fronte all'estremo".
Nel 2015 pubblica "Resistenti, Storie di donne e uomini che hanno lottato per la giustizia", una serie di ritratti di personaggi che hanno reagito a soprusi senza l'uso della violenza come Mandela o Pasternak. In Italia esce nel 2016.


Una delle sue opere più famose era "La paura dei barbari", in cui Todorov teorizzava il rischio della deriva violenta dell'Europa: a causa del clima di paura e tensione perenni, il rapporto con l'altro può diventare sempre più difficile. A questo proposito, diceva tempo fa in un'intervista a Repubblica, subito dopo l'attentato di Nizza: “Dobbiamo evitare di diventare anche noi dei 'barbari', di diventare torturatori come quelli che ci odiano. Il multiculturalismo è lo stato naturale di tutte le culture. La xenofobia, le pulsioni sull'identità tradizionale non sono destinate a durare. Una cultura che non cambia è una cultura morta”. 

Fondamentali sono i suoi lavori sui totalitarismi, trattando assieme fascismo e stalinismo, e sulle vittime dei lager e dei gulag (“Di fronte all’estremo”, 1992; Memoria del male, tentazione del bene (2000). Ne Gli abusi della memoria (1995), che tratta del “dovere di ricordare”, Todorov si era e ci aveva interrogato se questo “non dimenticare” non impedisca il superamento del passato (che non significa affatto il perdono) e renda impossibile la fine dei conflitti.

In a paura dei barbari. Oltre lo scontro di civiltà (2008), Todorov mise in guardia sul rischio della deriva violenta dell’Europa a causa del clima di paura e tensione perenni, mostrando come anche in Europa il rapporto con l’altro stava diventando sempre più difficile: «Dobbiamo evitare di diventare anche noi “barbari”, di diventare torturatori come quelli che ci odiano. Il multiculturalismo è lo stato naturale di tutte le culture. La xenofobia, le pulsioni sull’identità tradizionale non sono destinate a durare. Una cultura che non cambia è una cultura morta»

Rilevante l’intera sua riflessione sul concetto di “altro”, della scoperta dell’altro.

In tal senso la Scoperta dell’America ha assunto, nella cultura occidentale, una valenza simbolica particolarmente forte, con l’impresa di Colombo, “il mondo diventa piccolo” e “lo spazio dell’alterità si assottiglia".

Todorov sottolinea la necessità della distanza tra noi e l’altro. La percezione della propria identità passa infatti attraverso la percezione degli altri, attraverso lo sguardo che essi posano su di noi.


Afferma Todorov: “Le differenze tra le culture sono indispensabili per il cammino stesso dell’umanità; abbiamo bisogno di una distanza tra noi e l’altro quasi per guardarci dall’esterno. Certamente la scoperta dell’America non è la sola storia esemplare sul tema. Penso anche a vicende avvenute durante le Crociate, che rappresentano l’incontro della civiltà europea con quella araba, che per molti aspetti era superiore.

Esistono vari aneddoti, ricordo un racconto di un medico arabo che registra i comportamenti selvaggi degli europei i quali, di fronte ad una gamba ferita non trovavano niente di meglio da fare che amputarla, in condizioni igieniche spesso precarie, tanto che la gamba si infetta e l’uomo muore dopo tre giorni.

Il medico arabo descrive gli europei come selvaggi che non conoscono gli elementi più semplici della medicina. Al confronto lui sa curare quella ferita con l’applicazione di piante e unguenti che guariscono senza alcuna violenza.

C’è qui un interessante sguardo gettato su di noi dagli altri, che ci colgono nel ruolo di barbari.
 

 


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